Game Zone Cologno - L'intervista
Luisa Zontini:
Sono Luisa Zontini, membro attivo del comitato Ludoteca Cologno. Insieme ad altri genitori abbiamo creato lo spazio “Gaming Zone Cologno”, in collaborazione con associazioni del territorio come l’Associazione Genitori Volta, Auser, e i Sassi di Betania, grazie a un patto di collaborazione con il Comune di Cologno.
Questo spazio è pensato come luogo di aggregazione, dove i giovani possono trovarsi liberamente per giocare a giochi da tavolo e giochi di ruolo. Siamo partiti organizzando giornate singole dedicate al gioco da tavolo. Poi si è avvicinato un gruppo di ragazzi, che oggi si chiama Hive of Dice, specializzato in giochi di ruolo.
Abbiamo unito le forze e deciso di mantenere lo spazio aperto il sabato pomeriggio, rivolto principalmente ai giovani, ma anche a famiglie e adulti. Il gioco, lo abbiamo visto, aiuta a socializzare e sviluppare competenze trasversali: apprendimento delle regole, gestione della vittoria e della sconfitta, capacità di leggere regolamenti, fare calcoli, e molto altro.
È una forma educativa potente e naturale. I giochi stanno guadagnando sempre più spazio proprio per questo motivo.
Domanda:
Come vedete l’evoluzione futura di questo progetto?
Alessandro D'Apice:
Io sono Alessandro D’Apice, anch’io tra i fondatori del comitato. Per il futuro immagino una rete sempre più estesa, con più soggetti coinvolti della cittadinanza. L’obiettivo è che i ragazzi stessi si prendano cura dello spazio, che lo autogestiscano. Naturalmente, ciò richiede tempo e fiducia.
Ma sarebbe bellissimo se diventasse uno spazio autenticamente sociale, dove anche chi si sente solo può incontrare persone, farsi amici e uscire di casa. Dopo il Covid, l’isolamento dei ragazzi – soprattutto adolescenti – è diventato un fenomeno preoccupante.
Il gioco può contrastare questa tendenza, perché offre esperienze reali di relazione: si affrontano emozioni vere, come la frustrazione e la soddisfazione, e si impara a vivere insieme agli altri.
Silvia Morelli:
Io sono Silvia Morelli. Faccio parte del gruppo Hive of Dice, all’interno del comitato. Siamo un gruppo di amici appassionati di giochi di ruolo. Abbiamo deciso di unirci a questo progetto proprio perché volevamo creare uno spazio dove incontrare altri appassionati. Il gioco di ruolo spesso richiede un gruppo affiatato di persone, e non è sempre facile trovare chi condivide questa passione.
Ora organizziamo campagne condivise con 15-20 ragazzi di tutte le età.
Domanda:
Cosa sono le “campagne condivise”?
Silvia Morelli:
Normalmente una campagna di gioco di ruolo si svolge in un gruppo ristretto, in casa, ed è una storia che si sviluppa nel tempo. Con le campagne condivise, invece, abbiamo creato una formula in cui più gruppi (su tavoli separati) vivono avventure nello stesso mondo narrativo.
Ci sono momenti in cui i gruppi si uniscono e le scelte fatte da uno influenzano gli altri. È un gioco ancora più corale: si esplorano grotte, torri, si affrontano missioni diverse, ma poi si torna insieme a decidere come proseguire la storia. È un’esperienza coinvolgente e cooperativa.
Margherita Cattaneo:
Io sono Margherita Cattaneo. Per me il valore di questo spazio è la possibilità di trovare persone con cui parlare, condividere momenti e passare una bella giornata giocando. Non serve sforzarsi per renderlo educativo: lo è già, perché mette alla prova la socialità, la comunicazione, la capacità di prendere decisioni.
Certo, è sempre migliorabile. A me piacerebbe che fosse aperto tutti i giorni, diventando un punto di riferimento per persone di tutte le età. Sarebbe bello che un pomeriggio i bambini venissero a giocare, e poi magari anche adulti e ragazzi più grandi potessero condividere uno stesso tavolo. Quando si gioca, l’età passa in secondo piano.
Giovanna Silvestro:
Sono Giovanna Silvestro, volontaria del progetto. Ritengo fondamentale avere uno spazio dove i ragazzi possano andare invece di vagare senza meta. Il mio sogno sarebbe creare un centro polifunzionale.
Ad esempio, durante la mattina si potrebbero fare aiuto-compiti, oppure avere uno spazio tipo bar dove ritrovarsi anche senza dover giocare. Si potrebbero organizzare laboratori tematici, legati alle emozioni o ad altri aspetti educativi. È interessante pensare a uno spazio che, oltre ad accogliere giovani, includa anche anziani, con sale diverse, momenti di scambio, laboratori. Spesso i centri di aggregazione giovanile sono frequentati solo da chi ha difficoltà, oppure sono poco valorizzati. Manca una vera spinta istituzionale e comunicativa.
Alessandro D'Apice:
Aggiungo che oggi molti spazi dedicati ai giovani sono legati al consumo: fast food, centri commerciali... È raro trovare un posto dove si possa semplicemente stare, senza dover comprare qualcosa.
Negli anni ’90 era normale andare in un centro sociale o in un luogo autogestito. Ora è più difficile. Ma è anche una questione di immaginario e di pubblicità: se gli unici spazi promossi sono quelli commerciali, è lì che finiscono i ragazzi.