Antonio - Libera Casa contro le mafie - L'INTERVISTA
“ La criminalità non è un fenomeno lontano. È la cocaina che circola ogni giorno, è l’appalto truccato, è il favore scambiato in silenzio. È un rischio concreto per i nostri figli, per il nostro futuro. Non possiamo più permetterci di stare zitti. “
Mi chiamo Antonello D’Arrigo e sono il presidente di Libera Casa contro le Mafie, un’associazione nata a Cologno Monzese nel 2010 in risposta a un evento che ci colpì profondamente: durante le elezioni amministrative del 2009 fu candidato un ragazzo poi rivelatosi appartenente a una famiglia legata alla ‘ndrangheta. Questo avvenne nel silenzio generale, persino all’insaputa, pare, di coloro che lo avevano sostenuto.
Ciò che ci indignò maggiormente non fu solo la candidatura in sé, ma la scarsa reazione della politica. Invece di una presa di posizione netta, si ricorse a giustificazioni: “non lo sapevamo”, “è una manovra elettorale”. Una risposta debole, che ci spinse a riflettere.
L’associazione non nacque immediatamente. Fu frutto di un percorso di mesi, di confronto e maturazione. Avevamo l’obiettivo di creare uno spazio che promuovesse consapevolezza, memoria, conoscenza e responsabilità. Organizziamo incontri nelle scuole, dibattiti pubblici, momenti di riflessione. La nostra missione è stimolare coscienze, non sostituirci alle istituzioni.
Il nostro slogan non è solo “legalità”, ma anche “memoria, impegno, responsabilità”. Perché la memoria, se non vissuta come stimolo al cambiamento, resta un esercizio sterile. L’impegno, se non accompagnato dalla responsabilità, si svuota di senso. Noi crediamo che su certi temi non si possa restare né distratti né omertosi.
Dopo quindici anni di attività, vediamo ancora una grande difficoltà nel far emergere una cultura della responsabilità. Cologno è una città che ha conosciuto il silenzio, il chiacchiericcio tra pochi, ma non l’assunzione pubblica di una posizione. Qui si è sempre detto “io so”, ma senza agire. Questo atteggiamento è pericoloso, perché la zona grigia che tace diventa inevitabilmente complice.
Lo abbiamo visto nel 2009, ma anche nelle elezioni più recenti. E oggi, nonostante le nuove inchieste che coinvolgono anche cittadini di Cologno, continua a mancare una reazione forte e trasversale da parte della politica. La criminalità organizzata non è un problema distante: è qui, è tra noi.
È preoccupante che ancora oggi si taccia di fronte a indagini rilevanti, come l’ultima grande inchiesta sulla ‘ndrangheta – la più importante dopo “Crimine Infinito” del 2010. Anche in questo caso sono coinvolti nostri concittadini, eppure la risposta politica è assente, o timida. Le istituzioni devono sviluppare anticorpi, ma noi vediamo troppe esitazioni.
Da siciliano, so bene cosa significhi il silenzio. Chiamo “il silenzio di Rito Ambrosiano” quel meccanismo di auto-censura, di reticenza collettiva che paralizza la società. Si accolgono le vittime, si ascoltano le loro storie, ma poi si evita di parlare di ciò che accade davvero qui. Questo è inaccettabile.
Viviamo in un tempo in cui, persino a livello nazionale, manca l’attenzione dovuta. Arresti importanti passano inosservati sui giornali. L’informazione si concentra su altri casi, spesso spettacolari, ma non costruisce una narrazione coerente sulla criminalità organizzata. Questo ci preoccupa profondamente.
Domani, 23 maggio, ricorre il 33° anniversario della strage di Capaci. Ricorderemo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti di scorta. Sarà per noi anche un’occasione per riflettere sulla figura di Giorgio Ambrosoli, insieme al figlio Umberto, che sarà nostro ospite. Sono esempi di chi ha servito lo Stato fino all’estremo sacrificio. Dobbiamo imparare da loro: avere il coraggio di metterci la faccia, di dire una parola in più.
Le difficoltà maggiori non sono nell’organizzare eventi, ma nel far passare il messaggio, nel provocare cambiamento. Non ci interessano le “belle manifestazioni” se non generano conseguenze concrete. Il nostro scopo è incidere nella mentalità collettiva.
Cologno ha una struttura sociale particolare, nata da due grandi ondate migratorie. È una città dove spesso si tende a minimizzare: “Tanto qui non succede niente”, si sente dire. Ma è proprio questo atteggiamento che consente alla criminalità di insediarsi. Quando un problema viene risolto “alla buona”, senza farsi domande, si apre lo spazio all’illegalità.
Abbiamo visto come la zona grigia – quella che non prende posizione – finisca per agevolare la criminalità. Noi stimoliamo, ma le istituzioni devono agire. E oggi non lo fanno a sufficienza. Prendiamo il caso del processo “hydra ”: il Comune ha deciso di non costituirsi parte civile. Anche ammesso che sia stata una scelta corretta, manca completamente una comunicazione forte, un messaggio politico. Non basta un trafiletto sul giornale locale.
Guardando al futuro, vogliamo portare avanti due percorsi. Il primo è sulla giustizia: inizieremo a breve con un incontro pubblico insieme a un magistrato per spiegare i cambiamenti in atto nel sistema giudiziario. Il secondo è un approfondimento sulla situazione criminale in Lombardia, in provincia di Milano e in particolare a Cologno Monzese.
Non possiamo pensare che se le 'ndrangheta sono a Legnano o a Bresso, allora da noi il problema non esiste. Abbiamo avuto segnali anche qui. E se non li riconosciamo, resteremo vulnerabili.
Credo che ognuno di noi, nel proprio piccolo, debba attivarsi. Non serve essere mafiosi per avere atteggiamenti mafiosi. A volte non ci rendiamo conto di quanto certi comportamenti siano permeati da logiche di potere, di intimidazione, di connivenza. Dobbiamo prenderne coscienza.
La criminalità non è un fenomeno lontano. È la cocaina che circola ogni giorno, è l’appalto truccato, è il favore scambiato in silenzio. È un rischio concreto per i nostri figli, per il nostro futuro. Non possiamo più permetterci di stare zitti.
Grazie, grazie di cuore Antonio