Giusi, Riccardo e Gioacchino - Leggi la loro esperienza
Siamo Giusi Garraffo e Giacchino Miccichè, genitori di Riccardo. Originari della Sicilia, ci siamo trasferiti a Cologno Monzese, in provincia di Milano, circa dodici anni fa. All’epoca Riccardo aveva solo un anno e mezzo, e con noi c’era anche nostra figlia più grande, Sara, che oggi ha quasi quindici anni.
Dopo il trasferimento, Riccardo ha iniziato il nido e fin da subito sono emerse alcune segnalazioni da parte delle educatrici, che notavano comportamenti ripetitivi e particolari, difficili da interpretare. Questo ha fatto scattare un campanello d’allarme. Abbiamo avviato una serie di accertamenti e, dopo circa un anno di visite, è arrivata la diagnosi: disturbo dello spettro autistico.
Per quanto possa sembrare strano, ricevere quella diagnosi è stato un sollievo. Finalmente avevamo una risposta, e non eravamo più percepiti come genitori che si inventavano problemi dove non c’erano. È stato l’inizio di un percorso difficile, in una città dove ancora non avevamo molti riferimenti. Abbiamo cercato soluzioni da soli, tra tentativi ed errori, fino a trovare un centro privato che ha preso in carico Riccardo. Il sistema sanitario pubblico offriva poche ore di terapia, spesso insufficienti.
In quel centro Riccardo ha fatto progressi per un periodo, ma col tempo ci siamo resi conto che stava ristagnando. È stato in quel momento che è arrivato a Cologno il progetto di Mondoabaut, e abbiamo deciso di fare un primo incontro con Mara Navoni . Passare a un nuovo approccio è stato un salto nel buio, ma non avevamo alternative: Riccardo era fermo, e noi avevamo bisogno di una svolta.
Abbiamo iniziato così con l’ABA (analisi del comportamento applicata), una metodologia che conoscevamo solo per nome, ma che era già raccomandata a livello sanitario. Da subito abbiamo visto risultati. Partecipiamo direttamente alle sedute: Riccardo fa sei ore di terapia a settimana, e noi siamo presenti per due. L’intervento è costruito su misura, come un abito sartoriale: si prova un metodo, e se non funziona si cerca un’alternativa.
Sono passati due anni da quando Riccardo ha iniziato ABA, oggi ha tredici anni, e i progressi – seppur piccoli – sono evidenti. Fa cose che prima non avrebbe mai fatto. Il coinvolgimento dei genitori è parte integrante del percorso: non solo nelle sedute, ma anche nella vita quotidiana. È un intervento intenso, ma i risultati sono costanti e concreti, cosa che con i precedenti approcci non avevamo mai visto.
Purtroppo, le istituzioni sono totalmente assenti. Non solo manca il sostegno, ma ogni richiesta sembra un favore concesso, qualcosa per cui si dovrebbe persino dire grazie, quando in realtà sono diritti. Tutto è difficile, complicato, e spesso si ha la sensazione di essere soli. È vero che negli ultimi anni si percepisce una maggiore sensibilità, ma c’è ancora molta strada da fare.
Fondamentale è anche il sostegno alle famiglie. Serve un percorso parallelo a quello dei figli, un supporto che aiuti a non sentirsi soli, a trovare confronto, a capire che una vita dignitosa e felice è possibile. L’attività di associazioni come Mondoabaut è preziosa anche per questo: contribuisce a creare consapevolezza nella collettività e tra le stesse famiglie. Organizzano corsi per aiutare i genitori ad affrontare situazioni complesse e a riappropriarsi della propria vita.
Siamo profondamente grati a Mondoabaut e al percorso ABA. Per noi è stato un punto di svolta e lo consigliamo vivamente a tutte le famiglie che si trovano nella nostra situazione. Oltre al supporto terapeutico, c’è una rete umana e professionale che offre confronto, sostegno e speranza – a più livelli: per i ragazzi, per i genitori e per la società nel suo insieme